lunedì 15 settembre 2008

Omaggio a Giorgio De Chirico e al suo sire

"Natura Silente" così soleva chiamare le sue nature morte il grande maestro
Giorgio De Chirico. Analogamente ed in ossequio alla sua arte, la mia natura
"magica" così detta perché in sospeso tra la realtà e il sogno, con le sue
atmosfere, i suoi sfondi che rievocano le aure del realismo detto appunto
"magico", vuol essere il mio più sentito e umilmente superbo consentitemi
questo paradosso lessicale, al grande pittore e a quello che per vent'anni è
stato il suo discepolo più amato, forse l'unico ad esser veramente
considerato da quello che si autoproclamava come il "Pictor optimus", e cioé
Giovan Francesco Gonzaga, che ci ha lasciati prematuramente il 2 ottobre del
2007.
Dicevo "umilmente superbo" è il mio dono, in quanto pretesa di
considerazione pure postuma da parte di due colossi della cultura, due veri
artisti e in tutti i sensi, nonché data la provenienza - il sottoscritto,
che certo pittore perlomeno nel senso stretto del termine non è - dell'
opera stessa, interamente realizzata con l'ausilio della Computer Graphics.
Omaggio a De Chirico e alla sua grandezza, non solo in quanto unico ed
effettivo inventore della Metafisica in pittura dapprima - ma poi anche se
purtroppo negli ultimi suoi anni di vita – nella scultura, movimento che non
ha semplicemente orientato una parte della cultura del Novecento ma che è
stato esso stesso l'"anima occulta" del secolo appena trascorso. Per capire
meglio questo, basti pensare all'influenza grandissima che ha avuto su
personaggi come Sigmund Freud, tanto che i più "entusiasti" vedono se non
addirittura pongono le origini della stessa psicanalisi, nel pensiero e
nelle opere metafisiche del pittore greco, laddove sarebbe troppo ovvio e
scontato vederne la figliolanza unicamente nel surrealismo, e quindi in un
mero movimento artistico.
E al suo più, anzi unico, discepolo prediletto, Giovan Francesco Gonzaga,
diretto discendente della nobile famiglia mantovana, milanese di nascita,
del quale il maestro metafisico s'innamorò perdutamente dei suoi cavalli
epici, agili e possenti, intrisi d'una energia ctonia e primordiale, quanto
erano barocchi, "scenografici", teatraleggianti quelli del primo, tanto da
farlo definire in una delle sue lettere, riferendosi a Gonzaga: "Al mio
sire".
A loro dedico quest'opera di arte digitale, battezzandola nello stesso modo
in cui loro l'avrebbero chiamata: "Natura Silente" – ma facendo precedere l'
aggettivo dal mio "Magico", proprio perché "umilmente superbo"!